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Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali

Pubblicata in: Diritto penale

Quando il datore di lavoro non versa i contributi a carico del lavoratore rischia la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 €

  1. La norma
  2. Le sanzioni
  3. Causa di non punibilità (pagamento entro tre mesi)
  4. Prescrizione del reato

La norma

L’articolo 2 comma 1 bis del Decreto Legge n. 463/1983 prevede il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali da parte del datore di lavoro.

Queste somme devono essere versate dal datore entro il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi (articolo 2, comma 1, lettera b), n. 1, del Decreto legislativo del 18 novembre 1998, n. 422).

La norma intende punire non tanto un fatto omissivo (il mancato versamento delle ritenute), bensì un fatto commissivo, ossia l'appropriazione indebita da parte del datore di somme prelevate dalla retribuzione dei dipendenti.

In questa ottica, il reato previsto dall'articolo 2 della Legge n. 638/1983 sussiste solo laddove il datore abbia in concreto pagato i suoi dipendenti. Solo al momento dell'effettiva corresponsione della retribuzione, infatti, sorge l'obbligo per il datore di versare le ritenute.

Da qui deriva la necessità di un accertamento probatorio sulla effettiva percezione da parte dei dipendenti dello stipendio, in assenza del quale la fattispecie criminosa non può ritenersi integrata (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 26 giugno 2003).

Le sanzioni

Il reato sussiste solo se l’importo delle ritenute omesse supera 10.000 € annui.

In questo caso, è prevista la reclusione fino a tre anni e la multa fino a euro 1.032.

Diversamente, se l’importo omesso non supera i 10.000 € annui, si applica solo una sanzione amministrativa pecuniaria, da una volta e mezza a quattro volte l'importo omesso.

La soglia di 10.000 € è stata introdotta dal Decreto Legislativo n. 8/2016, che ha quindi depenalizzato tutte le omissioni inferiori al detto importo.

Causa di non punibilità (pagamento entro tre mesi)

La punibilità è esclusa se, entro tre mesi dalla contestazione, il datore procede al pagamento di quanto dovuto.

In tal caso non si applica né la sanzione penale né la sanzione amministrativa.

Si tratta di una causa di non punibilità, prevista dall'articolo 2, comma 1-bis, del Decreto Legge del 12 settembre 1983, n. 463 ("il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione").

Al riguardo, si è posta la questione dell'individuazione del dies a quo, ossia del momento a partire dal quale decorrono i tre mesi per il pagamento, nel caso in cui l'ente previdenziale non abbia notificato al datore l'avviso di accertamento.

Sul punto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza del 24 novembre 2011, n. 1855, secondo cui, in assenza di pregressa notifica dell'accertamento da parte dell'ente previdenziale, la citazione a giudizio comporta la decorrenza del termine per il versamento solo quando contenga tutti gli elementi essenziali dell'accertamento stesso.

In caso di mancata o parziale decorrenza del termine, il giudizio va rinviato per consentire all'imputato di effettuare il versamento.

Prescrizione del reato

Il termine di prescrizione del reato è sei anni (aumentati di un quarto in caso di atti interruttivi).

Ma da quale momento va calcolato questo termine?

In particolare ci si è chiesti se va calcolato dalla scadenza originaria di pagamento (ossia il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi omessi), o dalla scadenza dei tre mesi successivi alla contestazione.

Sul punto, la giurisprudenza propende per la prima soluzione in quanto si tratta di reato istantaneo, per cui si consuma il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi omessi; invece, il termine di tre mesi successivo alla contestazione rileva soltanto ai fini della sussistenza della causa di non punibilità (Corte di Appello di Roma, sentenza del 6 maggio 2015, n. 2658; Cassazione, sentenza del 19 novembre-6 dicembre 2013, n. 49121).

Inoltre il detto termine di tre mesi non rappresenta una condizione di procedibilità dell'azione penale, ma soltanto il limite temporale minimo per la trasmissione all'autorità giudiziaria della notizia di reato da parte dell'ente previdenziale.

Va inoltre precisato che durante il termine di tre mesi per l’eventuale pagamento, il corso della prescrizione rimane sospeso (articolo 2 comma 1 quater Decreto Legge del 12 settembre 1983, n. 463).

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