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La grande naturalizzazione brasiliana: effetti sulla cittadinanza italiana

Pubblicato in: Immigrazione

La grande naturalizzazione brasiliana del 1889 non preclude la domanda di cittadinanza italiana iure sanguinis (Cassazione SSUU n. 25317 e 25318 del 24 agosto 2022)

È noto che la cittadinanza italiana per discendenza si trasmette senza limiti generazionali.

Pertanto, chi dimostra di avere un ascendente italiano, anche molto lontano (con il solo limite che questi sia deceduto dopo la proclamazione del Regno d'Italia e che non abbia mai perso in vita la cittadinanza italiana), ha diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.

Tuttavia, per quanto riguarda il Brasile, il Ministero dell'Interno ha posto la questione della "grande naturalizzazione" del 1889, che avrebbe determinato la perdita della cittadinanza italiana in capo all'antenato emigrato presente in Brasile in quel periodo, e quindi l’interruzione della catena di trasmissione ai discendenti.

Bisogna ricordare infatti che il 14 dicembre 1889 lo Stato Brasiliano adottò il decreto n. 58-A con cui tutti gli emigranti presenti sul territorio brasiliano venivano invitati a dichiarare entro un termine di sei mesi (poi prorogato) la volontà di mantenere la cittadinanza di origine. In mancanza di dichiarazione, sarebbero stati considerati automaticamente cittadini brasiliani.

Da ciò, discenderebbe - secondo la tesi del Ministero - la perdita della cittadinanza italiana per effetto dell'articolo 11 del Codice Civile del 1865 (all’epoca vigente) secondo cui perdeva la cittadinanza italiana chiunque avesse "ottenuto la cittadinanza in paese estero".

La tesi del Ministero tuttavia è stata respinta dalla Cassazione a Sezioni Unite con le pronunce gemelle n. 25317 e 25318 del 24 agosto 2022, ponendo fine ad un contrasto tra diverse pronunce della Corte di Appello di Roma.

In particolare, la Cassazione ha affermato che la scelta legislativa compiuta dallo Stato del Brasile con il decreto del 1889, con cui ha deciso chi considerare propri cittadini, non può condizionare le analoghe scelte legislative degli altri Stati.

Nella specie, l'ordinamento italiano ha da sempre previsto che le fattispecie di perdita della cittadinanza siano connesse a comportamenti "attivi" e "volontari".

Pertanto, il mero silenzio dell'avo emigrante non può determinare – secondo l’ordinamento italiano – la perdita della cittadinanza.

Oltre a questo, la Cassazione ha anche rilevato che, in base alla stessa normativa brasiliana, sarebbe stato necessario oltre al comportamento passivo della mancata dichiarazione di mantenimento della cittadinanza di origine, anche un ulteriore comportamento, ossia l'iscrizione nelle liste elettorali locali, di cui il Ministero dovrebbe fornire la prova.

Va poi evidenziato che la produzione in giudizio del certificato di non naturalizzazione (cd. certidão negativa de naturalização) dimostrerebbe piuttosto il mancato perfezionamento della procedura di naturalizzazione invocata dal Ministero.

In conclusione, deve riconoscersi la cittadinanza italiana anche ai discendenti di emigranti coinvolti nella grande naturalizzazione brasiliana del 1889, a meno che non vi sia stato un espresso atto di rinuncia da parte degli stessi.

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