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Cittadinanza italiana per residenza

Pubblicata in: Immigrazione

La cittadinanza italiana per residenza è concessa dal Ministero dell'Interno, dimostrando la residenza ininterrotta, il reddito e la lingua italiana

Cittadinanza per residenza - requisiti

La cittadinanza italiana per residenza sul territorio italiano è prevista dall'articolo 9 della Legge n. 91/1992.

Viene concessa, su domanda dell'interessato, con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno.

La domanda deve necessariamente essere presentata on line, attraverso il sito del Ministero dell'Interno, compilando il modello telematico. Una volta compilata, la domanda viene trasmessa informaticamente alla Prefettura, che provvede alla successiva convocazione dei richiedenti.

I requisiti richiesti per l'ottenimento della cittadinanza sono: residenza ininterrotta; reddito; conoscenza della lingua italiana.

Residenza ininterrotta

La cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero residente in Italia:

  • dopo 10 anni, se extracomunitario;
  • dopo 4 anni, se comunitario;
  • dopo 5 anni, se apolide o rifugiato politico;
  • dopo 3 anni se il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita o lui stesso è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri; 
  • dopo 5 anni, se si tratta di uno straniero maggiorenne adottato; 
  • dopo 5 anni se ha prestato servizio, anche all'estero, alle dipendenze dello Stato italiano
  • quando lo straniero abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

Reddito

E' richiesto anche il possesso del requisito del reddito personale o del reddito familiare se appartenenti allo stesso nucleo familiare e allo stesso stato di famiglia.

I parametri reddituali di riferimento sono quelli previsti per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei titolari di pensione di vecchiaia (articolo 3, comma 2, del D.L. 25 novembre 1989, n. 382, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8, successivamente confermati dall’art. 2, comma 15, della legge 28 dicembre 1995, n. 549), e precisamente:

  • € 8.263,31 per il richiedente la cittadinanza senza coniuge né figli a carico;
  • € 11.362,05 per il richiedente la cittadinanza con coniuge a carico; 
  • € 516,00 ulteriori per ogni figlio a carico del richiedente la cittadinanza.

Possono essere considerati anche i redditi dei familiari presenti nello stesso stato di famiglia del richiedente, limitatamente a quelli previsti dall'articolo 433 del Codice civile, ovvero (sempre in rapporto al richiedente la cittadinanza) il coniuge (o, ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, la parte unita civilmente o il convivente di fatto legato da un contratto scritto di convivenza), i figli legittimi o legittimati (e, in loro mancanza, i discendenti prossimi), i genitori (e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi), i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali: sono dunque esclusi fra l’altro i redditi di familiari diversi da quelli elencati sopra, di familiari non compresi nello stato di famiglia del richiedente, nonché del convivente di fatto non legato da un contratto scritto di convivenza (anche in presenza di figli in comune).

I redditi da indicare sono esclusivamente quelli imponibili IRPEF e per i quali sono stati assolti i relativi obblighi fiscali in Italia, desunti dalle dichiarazioni reddituali presentate negli ultimi tre anni all’Agenzia delle entrate (a meno che la legge non esenti dalla presentazione).

Conoscenza della lingua italiana

E' inoltre richiesta la conoscenza della lingua italiana in base alla Legge di conversione del 1 dicembre 2018 n. 132 del Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113.

In particolare è richiesta la certificazione di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1 del QCER (sono esclusi coloro che abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’art. 4 bis del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’art. 9 del medesimo testo unico.

Rigetto della cittadinanza - problemi frequenti

La cittadinanza può essere rifiutata per motivi inerenti la sicurezza della Repubblica, dalla mancanza del periodo di residenza legale, dall'insufficienza dei redditi, da precedenti penali, da insufficiente livello di integrazione.

Interruzione della residenza

Uno dei problemi più frequenti è il cosiddetto "buco di residenza", ossia l’interruzione del periodo richiesto dalla legge per ottenere la cittadinanza.

Spesso infatti lo straniero che si accinge a fare domanda di cittadinanza si accorge di essere stato cancellato per irreperibilità dai registri anagrafici del Comune.

In questi casi, la domanda di cittadinanza verrà rigettata, anche se l’interessato dimostra di essere stato comunque presente sul territorio italiano.

Ciò in quanto ai fini della cittadinanza, è richiesta la "residenza legale", debitamente registrata all’anagrafe e risultante da apposito certificato storico. L’articolo 1 del DPR 572/93 stabilisce che "ai fini dell'acquisto della concessione della cittadinanza italiana si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica".

Anche la giurisprudenza ha ribadito tale principio. Ad esempio, il Tar del Lazio, con sentenza n. 9747/2014, ha affermato che la residenza richiesta per poter presentare domanda di cittadinanza è quella anagrafica "alla cui assenza non è possibile ovviare mediante la produzione di dati ed elementi atti a comprovare aliunde la presenza sul territorio".

Non si piò dunque prescindere dal certificato anagrafico.

Cosa fare allora in caso di interruzione della residenza per irreperibilità?

In tali casi, bisogna agire sul procedimento amministrativo che ha portato alla cancellazione e che potrebbe essere illegittimo per errori di procedura da parte del Comune.

Se effettivamente vi sono delle irregolarità, è possibile contestare la cancellazione anagrafica, in autotutela oppure tramite ricorso al Prefetto o al Giudice Ordinario.

Bisogna ricordare infatti che "le controversie in materia di iscrizione e cancellazione nei registri anagrafici della popolazione coinvolgono situazioni di diritto soggettivo, in quanto, come anche affermato dalla giurisprudenza formatasi in materia, l'ordinamento anagrafico della popolazione residente è predisposto non solo nell'interesse della p.a. alla certezza sulla composizione ed i movimenti della popolazione, ma anche nell'interesse dei singoli individui ad ottenere le certificazioni anagrafiche ad essi necessarie per l'esercizio dei diritti civili e politici. Inoltre - chiarisce ancora la giurisprudenza - tutta l'attività dell'ufficiale d'anagrafe è disciplinata in modo vincolato, essendo rigidamente definiti i presupposti per le iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche, onde l'amministrazione non ha altro potere che quello di accertare la sussistenza dei detti presupposti" (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 449/2000).

In questo modo lo straniero potrà ottenere il ripristino della residenza legale ininterrotta e presentare la domanda di cittadinanza italiana.

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