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La giurisdizione sul pubblico impiego anteriore al 1 luglio 1998

Pubblicato in: Lavoro e previdenza

In materia di pubblico impiego, le questioni inerenti al rapporto di lavoro sono devolute al giudice amministrativo fino al 1 luglio 1998, salvo che ricorra l'ipotesi di un illecito permanente che si sia protratto oltre tale data.

La materia del pubblico impiego è stata riformata nel 1998 ad opera del Decreto Legislativo n. 80/1998, il quale ha trasferito al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, ogni controversia concernente il rapporto di lavoro.

La devoluzione al giudice ordinario opera a partire dal 1 luglio 1998.

Le questioni anteriori a tale data restano attribuite alla giurisdizione amministrativa.

L'articolo 45, comma 17, del Decreto Legislativo 80/1998, infatti, prevede che: "Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".

Ne consegue che per le questioni inerenti a quella parte del rapporto di lavoro anteriore al 1 luglio 1998 bisognerà adire il giudice amministrativo; al contrario, per le questioni inerenti alla parte del rapporto di lavoro successiva al 1 luglio 1998 bisognerà adire il giudice ordinario.

Sul punto, tuttavia, la Cassazione ha precisato che: “l'art. 45, comma 17, d.lg. n. 80 del 1998, nel trasferire al giudice ordinario le controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a base della pretesa avanzata; pertanto, se la lesione del diritto del lavoratore è prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all'epoca della sua emanazione, mentre laddove la pretesa abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve avere riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e quindi al momento di cessazione della permanenza” (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 24 febbraio 2000, n. 41; Sezioni Unite, sentenza del 11.12.2007).

È necessario dunque distinguere tra illecito istantaneo ed illecito permanente.

Se la pretesa del ricorrente nasce da un illecito istantaneo anteriore al 1 luglio 1998, sarà competente, per tale questione, il giudice amministrativo.

Se invece la pretesa del ricorrente origina da un illecito permanente, che abbia avuto inizio anteriormente al 1 luglio 1998 e che si sia protratto oltre tale data, dovrà ritenersi competente il giudice ordinario.

L'atto illecito istantaneo si distingue dall'atto illecito permanente - con le relative conseguenze in ordine alla collocazione temporale rilevante ai fini del riparto delle giurisdizioni - perchè nel primo la condotta dell'agente si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, mentre in quello permanente essa perdura oltre tale momento e continua a cagionare danno per tutto il corso della sua durata.

In altri termini, la permanenza va intesa non già in riferimento al danno, bensì al rapporto eziologico tra il comportamento contra ius dell'agente, qualificato dal dolo o dalla colpa, e il danno (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 19-04-2010, n. 9219).

 

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