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Contraddittorio endoprocedimentale e nullità del provvedimento

Pubblicato in: Tributi e riscossione

L'amministrazione ha l'obbligo di garantire il contraddittorio endoprocedimentale, pena la nullità del provvedimento, solo nei casi previsti dalla legge o, in ogni caso, se si tratta di tributi armonizzati

In materia di accertamento fiscale, il diritto nazionale non prevede - ad oggi - un obbligo generalizzato per l'amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, prima di adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823).

Tale obbligo, quindi, sussiste, a pena di invalidità del provvedimento finale, solo nei casi in cui sia specificamente sancito da disposizioni speciali.

Questo discorso vale per i tributi non armonizzati.

Diversamente, per i tributi armonizzati (esempio: iva, dogane e accise) deve farsi riferimento, oltre al diritto nazionale, anche al diritto dell'Unione Europea, che prevede tale obbligo in via generale.

In particolare l'articolo 41 (Diritto ad una buona amministrazione) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea prevede:

"1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione.

2. Tale diritto comprende in particolare: il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio".

Pertanto, laddove si tratti di tributi armonizzati, dovendo farsi diretta applicazione del diritto dell'Unione, il provvedimento adottato dall'amministrazione sarà nullo se non risulta rispettato il principio del contraddittorio già nella fase endoprocedimentale.

Il contribuente, per ottenere l'annullamento del provvedimento, ha l'onere di impugnarlo e di enunciare specificamente le ragioni che avrebbe potuto far valere nella fase endoprocedimentale se fosse stato messo nelle condizioni di parteciparvi.

Tali ragioni - afferma la Cassazione - non dovranno essere meramente pretestuose e tali da sviare lo strumento difensivo dalla finalità di tutela dell'interesse sostanziale per il quale è stato predisposto (deve trattarsi cioè di motivi che ragionevolmente avrebbero potuto condurre ad un provvedimento finale diverso).

Si segnala che la citata sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823 ha ribaltato il precedente orientamento, affermato sempre dalla Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 19667/2014), secondo cui, contrariamente a quanto appena detto, sussisterebbe nell'ordinamento nazionale un principio generale, desumibile dall'articolo 24 della Costituzione, secondo cui, anche in campo tributario, il contraddittorio endoprocedimentale deve ritenersi, pur in assenza di esplicita previsione normativa, un elemento essenziale del giusto procedimento.

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