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Corte di Cassazione: Sentenza n.13913 del 5 giugno 2017

L'atto di pignoramento dell'Agente della riscossione va impugnato dinanzi alla Commissione tributaria, laddove sia eccepita l'omessa o invalida notifica dell'atto presupposto, contenente crediti di natura tributaria

Fatti di causa 1.

- Con sentenza n. 1194/05/15, depositata il 26 maggio 2015, la Commissione tributaria regionale della Puglia (hinc: "CTR"), in accoglimento dell'appello proposto dalla contribuente s.n.c. F.LLI D.L. M. DI R.D.L. & amp; C., nei confronti della s.p.a. EQUITALIA SUD, quale agente della riscossione per la provincia di Bari, avverso la sentenza n. 161/11/13 della Commissione tributaria provinciale di Bari (hinc: "CTP"), dichiarava la giurisdizione del giudice tributario, declinata dal giudice di primo grado in favore dell'autorità giudiziaria ordinaria, e rimetteva la causa alla CTP, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, anche per le spese di lite.

In punto di fatto, la CTR premetteva che: a) la contribuente aveva impugnato davanti alla CTP il verbale di pignoramento mobiliare eseguito dall'agente della riscossione in relazione a carichi di natura sia tributaria che non tributaria; b) l'impugnazione era argomentata, tra l'altro, con l'omessa previa notificazione dei titoli esecutivi posti a base del pignoramento; c) la CTP, in accoglimento dell'eccezione della resistente agente della riscossione (la quale aveva sottolineato, da un lato, che il pignoramento era atto dell'esecuzione forzata e, dall'altro, che alcuni crediti azionati non avevano natura tributaria), aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e compensato tra le parti le spese di lite; d) la società contribuente aveva impugnato la decisione di primo grado.

Su queste premesse, la CTR, nel decidere l'appello, osservava che: a) la controversia verteva, nella sostanza, sulla dedotta inesistenza (o invalidità) delle notificazioni delle cartelle di pagamento poste a base del pignoramento e, quindi, sull'efficacia del titolo esecutivo azionato; b) in tale ipotesi, il pignoramento costituiva - secondo la prospettazione della contribuente - il primo atto di manifestazione esterna della pretesa tributaria; c) pertanto, nella specie, il controllo giudiziale si risolveva nel controllo delle cartelle di pagamento, configurabili come atti di riscossione (e non di esecuzione forzata) delle pretese tributarie ad esse sottese; d) la cognizione dell'impugnazione del pignoramento era devoluta, dunque, alla giurisdizione del giudice tributario, alla stregua dei principi dettati dalle sezioni unite della Corte di cassazione con le sentenze n. 5994 del 2012 e n. 14667 del 2011, secondo le quali la giurisdizione del giudice tributario include anche la controversia relativa all'opposizione all'esecuzione quando oggetto del giudizio sia la fondatezza del titolo esecutivo relativo a pretese tributarie; e) la causa andava rimessa alla CTP per l'esame delle eccezioni riguardanti le cartelle di pagamento poste a base del pignoramento e, in particolare, per l'accertamento della correttezza della loro notificazione e per la dichiarazione della giurisdizione di altro giudice in relazione alle pretese non tributarie in esse contenute.

2.- Avverso la decisione della CTR, l'agente della riscossione ha proposto ricorso per cassazione notificato a mezzo posta il 23-29 dicembre 2015 ed articolato in due motivi. 3.- La società contribuente resiste con controricorso notificato il 5 febbraio 2016 ed illustrato con memoria. Ragioni della decisione 1.-

Con il primo motivo di ricorso, l'agente della riscossione denuncia - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e n. 3, - la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, perchè la CTR, nell'affermare la giurisdizione del giudice tributario in ordine alla controversia di causa, avrebbe trascurato di considerare che, ai sensi dell'evocato art. 2 (quale modificato dalla L. n. 448 del 2001, art. 12), sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario e riservate al giudice ordinario le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, e, quindi anche quelle (come nella specie) riguardanti l'atto di pignoramento (richiama al riguardo le decisioni delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 8618 del 2015, n. 8279 del 2008 e n. 20778 del 2010).

2.- Il primo motivo di ricorso non è fondato, nei sensi qui di seguito precisati. 2.1.- La principale questione prospettata a queste sezioni unite con il ricorso in esame attiene all'individuazione del giudice - ordinario o tributario cui è devoluta la cognizione dell'opposizione proposta avverso un atto di pignoramento effettuato in forza di crediti tributari e basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della cartella di pagamento recante la suddetta pretesa creditoria (o comunque di un altro atto che deve precedere l'inizio dell'espropriazione).

Al riguardo, il quadro normativo essenziale di riferimento è costituito:

a) dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, che (dopo le modifiche apportate dalla L. n. 488 del 2001, art. 12, comma 2, e dalla L. n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2005 ) ha attribuito in generale alle commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria, precisando, nel secondo periodo del comma 1, che "Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 602, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica";

b) dal citato D.P.R. n. 546 del 1992, art. 19, recante l'elenco degli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie, suscettibile (secondo la nota e consolidata giurisprudenza di questa Corte) di ampliamento per interpretazione estensiva (in relazione, ad esempio, ad ogni atto autoritativo contenente una ben individuata pretesa tributaria a carico del contribuente);

c) dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 2, per il quale il procedimento di espropriazione forzata nell'esecuzione tributaria è regolato "dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione" in quanto non derogate dal capo II del medesimo d.P.R. e con esso compatibili;

d) dal citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse nè le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c. (salvo quelle concernenti la pignorabilità dei beni) nè quelle regolate dall'art. 617 c.p.c. ove siano relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo;

e) dall'art. 9 c.p.c. , comma 2, che attribuisce al tribunale (in via generale e residuale) la competenza esclusiva delle cause in materia di imposte e tasse.

2.2.- Da questo plesso di norme si evince, in ordine al riparto di giurisdizione (sostanzialmente nello stesso senso, ex plurimis, Cass. n. 18505 del 2013), che:

1) le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 secondo periodo; art. 9 c.p.c. , comma 2);

2) le opposizioni all'esecuzione di cui all'art. 615 cod. proc. civ. concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario ( art. 9 c.p.c. , comma 2);

3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. , ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario ( art. 9 c.p.c. , comma 2);

4) le opposizioni di terzo all'esecuzione di cui all'art. 619 c.p.c. si propongono al giudice ordinario ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; art. 9 c.p.c., comma 2).

Rimane tuttavia aperto il problema dell'individuazione del giudice davanti al quale proporre l'opposizione agli atti esecutivi ove questa concerna la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo e, in particolare, ove il contribuente, di fronte al primo atto dell'esecuzione forzata tributaria (cioè all'atto di pignoramento), deduca (come nella specie) di non avere mai ricevuto in precedenza la notificazione del titolo esecutivo.

Sussistono in proposito due opposti orientamenti di questa Corte, che, pure, partono dal condivisibile comune presupposto interpretativo secondo cui l'inammissibilità delle opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 non va intesa (pena la violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost. ) come assoluta esclusione della tutela giudiziale delle situazioni soggettive prese in considerazione da dette opposizioni.

Gli orientamenti divergono, però, sull'individuazione del giudice da adire.

In base al primo di essi (espresso, tra le altre pronunce, da Cass., Sezioni Unite, n. 14667 del 2011; Cass., Sezione quinta, n. 24915 del 2016; spunti nello stesso senso in Cass., Sezioni Unite, n. 15994 e n. 5993 del 2012, anche se in relazione alla diversa fattispecie di una "opposizione ex art. 617 c.p.c. , diretta a far valere vizi della cartella di pagamento" emessa per un credito tributario), l'opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato da nullità derivata dall'omessa notificazione degli atti presupposti, si risolve nell'impugnazione del primo atto in cui viene manifestato al contribuente l'intento di procedere alla riscossione di una ben individuata pretesa tributaria: l'opposizione, pertanto, è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, e art. 19 - estensivamente interpretato -).

In base al secondo e più recente orientamento (espresso, tra le altre pronunce, da Cass., Sezioni Unite, n. 21690 del 2016 e n. 8618 del 2015; Cass., Sezione terza, n. 24235 e n. 9246 del 2015), l'opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato per nullità derivata dall'omessa notificazione degli atti presupposti, è ammissibile e va proposta dinanzi al giudice ordinario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e degli artt. 617 e 9 cod. proc. civ. , perchè la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria sussiste quando sia impugnato un atto dell'esecuzione forzata tributaria successivo alla notificazione della cartella di pagamento (come, appunto, un atto di pignoramento), restando irrilevante il vizio dedotto e, quindi, anche quando detto vizio venga indicato nella mancata notificazione della cartella di pagamento: in tale ipotesi, il giudice ordinario dovrà verificare solo se ricorra il denunciato difetto di notifica all'esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità del consequenziale pignoramento basato su crediti tributari.

2.3.- Il suddetto contrasto giurisprudenziale va risolto dando prevalenza e continuità al primo (meno recente) orientamento, che si lascia preferire per ragioni letterali e sistematiche.

2.3.1.- Sotto l'aspetto letterale, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, individua il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria nella "notificazione della cartella di pagamento" (ovvero, a seconda dei casi, dell'avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, dell'avviso cosiddetto "impoesattivo" o dell'intimazione di pagamento): prima di tale notifica la controversia è devoluta al giudice tributario, dopo, al giudice ordinario. La disposizione richiede dunque, per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, la notificazione del titolo esecutivo (o degli altri atti costituenti presupposti dell'esecuzione forzata tributaria). Ne deriva che l'impugnazione di un atto dell'esecuzione forzata tributaria (come il pignoramento effettuato in base a crediti tributari) che il contribuente assume essere invalido perchè non preceduto dalla suddetta notificazione integra una opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. nella quale si fa valere una nullità "derivata" dell'atto espropriativo (sulla riconducibilità di siffatta impugnazione all'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. , ex plurimis, Cass. n. 252 del 2008) e che è devoluta alla cognizione del giudice tributario, proprio perchè si situa (beninteso, secondo la deduzione difensiva del contribuente) prima della notificazione in discorso. In questa prospettiva, ai fini della giurisdizione, non ha importanza se, in punto di fatto, la cartella (o un altro degli atti equipollenti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: il punto attiene al merito e la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum.

Rileva invece, ai fini indicati, il dedotto vizio dell'atto di pignoramento (mancata notificazione della cartella) e non la natura, propria di questo, di primo atto dell'espropriazione forzata ( art. 491 c.p.c.).

Va poi osservato, sempre da un punto di vista letterale, che l'orientamento secondo cui è ammissibile davanti al giudice ordinario l'impugnazione del pignoramento incentrata sulla mancata notifica della cartella di pagamento (o dei suddetti atti assimilabili) si scontra con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Nè appare convincente ripartire la giurisdizione, nell'ipotesi in esame, in base al petitum formale contenuto nell'impugnazione proposta dal contribuente: a) giurisdizione tributaria, ove sia richiesto l'annullamento dell'atto presupposto dal pignoramento (cartella ed equipollenti);b) giurisdizione ordinaria, ove sia richiesta la dichiarazione di nullità del pignoramento.

Non solo il petitum sostanziale è unico (il contribuente ha interesse a rendere non azionabile la pretesa tributaria, facendo valere una soluzione di continuità nell'iter procedimentale richiesto dall'ordinamento) e non solo una simile ricostruzione sarebbe inutilmente artificiosa, obbligando ad una duplice azione davanti a giudici diversi, ma nella specie sarebbe problematico individuare in concreto l'atto presupposto dal pignoramento ove (come prospettato dalla parte) l'atto di pignoramento sia l'unico atto portato a conoscenza del contribuente. Del resto, l'invalidità della notificazione della cartella o l'omissione della medesima notificazione non integrano, in sè, un vizio della cartella, ove non si accompagnino alla intervenuta decadenza dal potere di procedere alla riscossione.

Inoltre, come già osservato, ammettere davanti al giudice ordinario l'impugnazione del pignoramento per omessa notifica della cartella appare comunque in contrasto con il menzionato divieto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57; divieto che, per la sua collocazione sistematica e per la sua sopra ricordata formulazione, deve ritenersi assoluto (cioè diretto non esclusivamente al giudice tributario).

2.3.2.- Sotto l'aspetto sistematico, poi, l'atto di pignoramento non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento integra (come sottolineato dalla CTR) il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c. , rientra nell'ambito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (quale interpretato estensivamente dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis, Sezioni Unite n. 9570 e n. 3773 del 2014).

Il sopra indicato più recente orientamento interpretativo, nell'attribuire alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente un atto compreso tra quelli di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 cit., risulterebbe disarmonico rispetto al disegno del legislatore di riservare al giudice tributario la cognizione delle controversie relative a tali atti. Infine, con l'adozione del primo orientamento giurisprudenziale, troverebbe una più agevole sistemazione il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo.

Tale inammissibilità, infatti, può ben essere interpretata nel senso di comportare il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere, come nella specie, l'invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della cartella di pagamento. In tal modo, tutto sembra ricomporsi in armonia con l'originario disegno del legislatore che, nel prevedere nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 l'inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, ha evidentemente presupposto che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al giudice tributario.

2.3.3.- In conclusione - nell'accogliere sostanzialmente, sul punto, il decisum della CTR - va riaffermato il principio di diritto secondo cui "in materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta - ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e art. 617 cod. proc. civ. - davanti al giudice tributario".

Nella specie, con il rigetto del primo motivo di ricorso per cassazione, viene tenuta ferma la statuizione della CTR che ha dichiarato la giurisdizione del giudice tributario ed ha rimesso la causa alla CTP per l'esame delle questioni riguardanti le cartelle di pagamento poste a base del pignoramento e, in particolare, sia per "l'accertamento della correttezza della loro notificazione", sia per la dichiarazione della giurisdizione di altro giudice in relazione alle eventuali pretese non tributarie in esse contenute.

3.- Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia - in relazione all'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, e art. 112 c.p.c. - l'omessa pronuncia sulla preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata dall'appellata agente della riscossione in ragione della novità della domanda della società appellante, la quale, pur non avendo contestato in primo grado la documentazione prodotta con memorie illustrative e concernente gli estratti di ruolo con le copie delle connesse relate di notificazione, aveva negato solo con l'atto di appello l'idoneità probatoria di tali documenti (per la mancata produzione in giudizio degli originali o delle copie conformi sia delle cartelle che degli avvisi di ricevimento).

Per la ricorrente, la raggiunta prova della notificazione delle cartelle di pagamento e della conseguente loro definitività, avrebbe dovuto indurre la CTR a declinare la giurisdizione del giudice tributario in materia di opposizione a pignoramento ed a confermare la sentenza della CTP.

4.- Il rigetto del primo motivo di ricorso, con la dichiarazione della giurisdizione tributaria, comporta l'assorbimento del secondo motivo.

Come osservato al punto 2.3.1., non ha importanza ai fini dell'attribuzione della giurisdizione se, in punto di fatto, la cartella (o gli altri atti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: la pronuncia sulla giurisdizione, infatti, non può dipendere dal raggiungimento in concreto della prova della notificazione della cartella, trattandosi di punto attinente al merito, da accertarsi dal giudice avente giurisdizione sulla controversia (nella specie, come visto, il giudice tributario).

5.- Le spese di lite del presente giudizio di legittimità vanno compensate integralmente tra le parti in ragione delle sopra ricordate oscillazioni giurisprudenziali sulla questione oggetto del ricorso.

Sussistono le condizioni per il raddoppio dell'importo del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017

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