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Fondo patrimoniale: atti di disposizione ed esecuzione forzata

Pubblicato in: Separazioni e divorzi

Il fondo patrimoniale: limiti alla disponibilità ed all'esecuzione forzata dei beni e dei frutti del fondo.

Il fondo patrimoniale, previsto negli articoli da 167 a 171 del Codice civile, è un complesso di beni (immobili, mobili registrati o titoli di credito) costituito al fine di soddisfare i bisogni della famiglia.

La sua funzione principale è, quindi, quella di soddisfare i bisogni della famiglia (ossia quelli relativi ai diritti di mantenimento, assistenza e contribuzione).

Esso può essere costituito dai coniugi, durante il matrimonio, oppure può essere costituito da un terzo.

L'atto di costituzione del fondo deve rovestire la forma dell'atto pubblico.

In qualsiasi momento è possibile comprendere altri beni nel fondo patrimoniale già costituito, con un nuovo atto notarile.

La costituzione del fondo non comporta il trasferimento dei beni, che restano intestati a chi ne era già proprietario.

Una volta costituito il fondo, i beni in esso conferiti e i loro redditi non sono soggetti ad esecuzione forzata nè ad iscrizione di ipoteca giudiziale per i debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Tra questi rientrano ad esempio i debiti contratti nell’esercizio di un’impresa commerciale o comunque di un’attività professionale, ma anche, secondo l’opinione prevalente, i debiti derivanti da obblighi di risarcimento dei danni, da sanzioni penali o amministrative.

Riguardo i debiti tributari, vi sono delle opinioni discordanti, in quanto alcuni ritengono che la presenza del fondo non sia opponibile all'amministrazione finanziaria.

Se si tratta di debiti anteriori alla costituzione del fondo, il creditore potrebbe esperire l’azione revocatoria fallimentare (entro due anni dalla costituzione del fondo) oppure l'azione revocatoria ordinaria (entro cinque anni, ricorrendone i presupposti), sostenendo che il fondo è stato costituito fraudolentemente per sottrare i beni all'esecuzione forzata.

Il fondo, quindi, non può essere utilizzato per sottrarsi al pagamento di debiti già contratti. Un simile tentativo, infatti, potrebbe avere rilevanza penale, soprattutto se si tratta di debiti fiscali o nei confronti dello Stato.

Se invece si tratta di obbligazioni contratte nell'interesse della famiglia, i beni del fondo possono essere aggrediti per soddisfare tali crediti.

È fatta salva, inoltre, la buona fede del creditore che ignorava che il debito era stato contratto per soddisfare i bisogni della famiglia (articolo 170 del Codice civile). I coniugi, infatti, devono in ogni caso dimostrare che il creditore sapeva che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Per quanto riguarda gli atti di disposizione da parte dei coniugi sui beni del fondo, è necessario il consenso di entrambi per ipotecarli, alienarli, darli in pegno o comunque vincolarli.

Se poi vi sono figli minori è anche necessaria l'autorizzazione del giudice.

In ogni caso gli atti suddetti possono essere compiuti solo nei casi di necessità o utilità evidente per la famiglia.

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