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L'istanza di autotutela

Pubblicata in: Tributi e riscossione

Il contribuente che riceve una richiesta di pagamento da parte dell'Agente della Riscossione (società del gruppo Equitalia) o dell'Ente creditore può presentare istanza di autotutela

  1. Cos'è l'autotutela
  2. Autotutela o ricorso giudiziale?
  3. Modalità dell'istanza

Cos'è l'autotutela

L'autotutela è il potere dell'Amministrazione di correggere o annullare i propri atti, laddove questi risultino illegittimi o infondati.

Tale potere spetta allo stesso ufficio che ha emanato l'atto o che è competente per gli accertamenti d'ufficio, oppure, in caso di grave inerzia, all'ufficio gerarchicamente superiore.

L'Amministrazione esercita l'autotutela di propria iniziativa o su richiesta del contribuente.

Il contribuente che chiede l'autotutela, quindi, non fa altro che "sollecitare" l'Amministrazione a riconsiderare la legittimità dei propri atti ed eventualmente annullarli.

Autotutela o ricorso giudiziale?

Il contribuente, se ritiene illegittimo un atto dell'Amministrazione o dell'Agente della riscossione (avviso di accertamento, cartella esattoriale, diffida o sollecito di pagamento, preavviso di fermo del veicolo, iscrizione ipotecaria, etc.), potrebbe presentare ricorso all'Autorità giudiziaria o fare semplicemente una richiesta di autotutela all'Amministrazione procedente.

Quale strada conviene scegliere?

Nel caso di ricorso all'Autorità giudiziaria, il contribuente attiva un vero e proprio processo, che comporta delle spese (tra cui le spese per l'assistenza legale) nonchè il rischio della soccombenza.

La richiesta di autotutela, invece, non comporta spese particolari e può essere fatta personalmente dal contribuente, senza l'assistenza di un legale.

La via dell'autotutela, seppure più veloce ed economica, presenta, tuttavia, degli svantaggi.

In primo luogo la richiesta di autotutela è rivolta allo stesso Ente creditore (o all'Agente della riscossione), e non ad un soggetto terzo ed imparziale (qual è l'Autorità giudiziaria).

Certamente, quindi, esso tenderà a confermare la legittimità dei propri atti, salvo il caso di errori palesi ed incontestabili.

Si tenga presente, inoltre, che, se si sceglie la via dell'autotutela evitando di presentare ricorso all'Autorità giudiziaria, non sarà possibile fare ricorso successivamente, una volta scaduti i termini perentori per il ricorso stesso. La richiesta di autotutela, infatti, non sospende nè interrompe tali termini, che sono previsti a pena di decadenza.

L'autotutela, in luogo del ricorso giurisdizionale, è, quindi, opportuna nel caso di vizi palesi dell'atto, quali ad esempio il pagamento già avvenuto.

Altrimenti, è consigliabile presentare, parallelamente alla richiesta di autotutela, il ricorso vero e proprio per non rischiare che esso diventi inammissibile.

Modalità dell'istanza

Il contribuente può presentare istanza di autotutela in carta semplice, inviandola all'ufficio competente mediante fax o raccomandata a/r.

La domanda dev'essere presentata all'ufficio che ha emesso l'atto. Nel caso si sbagli ufficio, quello che riceve l'istanza deve comunque consegnarla all'ufficio di competenza.

Se si tratta di un atto dell'Agente della riscossione (ad esempio la cartella esattoriale o l'iscrizione ipotecaria), l'istanza deve essere presentata alternativamente:

  • all'Ente creditore (Amministrazione finanziaria, Comune, I.N.P.S., etc.), se si vuole contestare la debenza del credito (prescrizione, avvenuto pagamento, doppia imposizione, etc.);
  • all'Agente della riscossione, se si vuole contestare esclusivamente la legittimità del suo atto (ad esempio: iscrizione ipotecaria per un credito inferiore a 8.000,00 euro).

Con l'istanza il contribuente chiede l'annullamento dell'atto impugnato, nonchè la sospensione dello stesso.

Nell'istanza bisogna specificare:

  1. l'atto di cui viene chiesto l'annullamento (totale o parziale);
  2. i motivi per cui si ritiene tale atto illegittimo e quindi annullabile, in tutto o in parte (errore di persona, errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell'imposta, doppia imposizione, mancata considerazione dei pagamenti gia' effettuati, presenza di requisiti per fruire di agevolazioni o riduzioni, errore materiale del contribuente, etc.). Tali motivi devono essere opportunamente documentati.

Dopo aver esaminato l'istanza e l'atto contestato, l'ufficio deve provvedere ad annullare o correggere lo stesso oppure a rigettare l'istanza, dandone comunicazione al contribuente e fornendo le motivazioni della propria decisione (ai sensi della legge 241/90 e dei principi ribaditi dallo statuto del contribuente).

L'eventuale annullamento, sia che scaturisca dall'iniziativa dell'ufficio sia che derivi dall'esame di una richiesta del contribuente, si estende agli atti successivi che dipendono da quello esaminato (ad esempio, l'annullamento di un avviso di accertamento comporta l'invalidità della successiva cartella di pagamento).

L'annullamento dà diritto al rimborso delle somme eventualmente già riscosse.

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