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Rimborso delle spese sanitarie all'estero

Pubblicato in: Diritto civile

Presupposti per il riconoscimento del diritto al rimborso.

Il TAR Lombardia, con sentenza del 3/3/2006 n. 272 si è espresso sulla sussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario per la controversia sul diniego di rimborso delle spese sanitarie per le cure sostenute presso una struttura sanitaria ubicata all'estero.

La controversia inerente il diniego all'autorizzazione al ricovero presso una struttura sanitaria ubicata all'estero nonché il diniego di rimborso delle spese sanitarie sostenute, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale, tra l'altro, dell'art. 33, c. 2, del d.lvo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, lett. a), della l. 21 luglio 2000, n. 205, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.

Nel caso di ricovero all'estero, reso necessario in considerazione delle migliori opportunità ivi presenti di attenuare o rimuovere le conseguenze dello stato morboso attraverso fruizioni di tecniche terapeutiche asseritamente non praticate in Italia, viene in considerazione il diritto alla salute dell'individuo.

In particolare la posizione dell'assistito assume natura di diritto soggettivo perfetto riconducibile all'art. 32 Cost., ed in tali casi difetta un potere della pubblica amministrazione, espressione di discrezionalità amministrativa ed il cui esercizio sia suscettibile di determinare l'affievolimento di quella posizione.

Il diritto alla salute è qualificato dalla Carta costituzionale come fondamentale ed inviolabile, come tale assoluto, inalienabile, irrinunciabile ed imprescrittibile sul piano privatistico, mentre sul versante pubblicistico rappresenta un limite invalicabile all'azione del potere dell'autorità amministrativa.

Analogamente la Cassazione SS.UU. n. 5402/2007 (cfr. anche sent. SSUU n. 10418/2006 ha affermato che "le controversie relative a tutte le prestazioni erogate nell'ambito del SSN <….> sono devolute alla competenza del Giudice ordinario".

Condizioni per il rimborso

Con la legge n. 833 del 1978 il Legislatore ha assegnato alla competenza statale le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria all'estero dei cittadini italiani (art. 6), avvalendosi dei presidi sanitari pubblici.

L' art. 6 della legge n. 833 del 1978 ha attribuito alla competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti l' assistenza sanitaria dei cittadini italiani all' estero e l' art. 37 della medesima contiene una delega al Governo e criteri direttivi che prevedono debba essere assicurata la tutela della salute attraverso forme di assistenza, diretta o indiretta, dei lavoratori e dei loro familiari, dei dipendenti dello Stato e di Enti pubblici e dei loro familiari, nonché dei contrattisti stranieri che prestino la loro opera presso rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni scolastiche e culturali ovvero in delegazioni o uffici di Enti pubblici oppure in servizio di assistenza tecnica (si veda D.P.R. 618/80 in Ministero salute, che attribuisce la competenza per le categorie indicate al Ministero della Sanità).

Coerentemente a ciò ed in virtù di quanto è stato successivamente stabilito con la legge n. 595 del 1985 (art. 3, comma quinto), il decreto del Ministero della Sanità approvato il 3 novembre del 1989 ha stabilito i criteri di fruizione delle prestazioni sanitarie fruite nei Centri ospedalieri esteri di altissima specializzazione in assistenza indiretta ed ha, a sua volta, individuato i diversi soggetti istituzionali (Regioni o Province autonome, Aziende sanitarie locali, Centri di Riferimento e Commissione Centrale istituita presso il Ministero della Sanità) incaricati, secondo i rispettivi ruoli, delle procedure autorizzative, del rimborso delle spese sanitarie, di formulare proposte in materia e, non da ultimo, di assicurare omogeneità di comportamento su tutto il territorio nazionale.

Sulla base di ciò spetta alle Regioni ed alle Province autonome individuare i Presidi ospedalieri, i Policlinici universitari o le eventuali Commissioni mediche cui attribuire la qualifica di Centro di Riferimento mentre spetta a quest' ultimo il compito di vagliare, sul piano tecnico, tutte le domande finalizzate al trasferimento all' estero per cure.

Il Centro di Riferimento è, dunque, nel sistema delineato dal diritto positivo, il soggetto istituzionale al quale afferiscono tutte le procedure autorizzative ed assume in tale ambito, come stabilito dalla Circolare del Ministero della Sanità n. 1000/Comp. 3/1934 del 25 luglio 1995, il ruolo di "dominus", coerentemente a quanto previsto dal diritto positivo, anche a fronte della riconosciuta competenza tecnico-sanitaria che tale soggetto istituzionale assume per la sua composizione pluri-specialistica ed autorevole.

Il presupposto che legittima la concessione dell' autorizzazione al trasferimento all' estero per cure è quello stabilito dalla legge n. 595/1985 (art. 3, comma quinto) e dal decreto del Ministero della Sanità 3 novembre 1989 (art. 2.

Sono autorizzabili le "prestazioni di diagnosi, di cura e di riabilitazione che richiedono specifiche professionalità del personale, non comuni procedure tecniche o curative o attrezzature ad elevata tecnologia e che non sono ottenibili tempestivamente od adeguatamente presso i presidi ed i servizi di alta specialità italiani di cui all' art. 5 della legge 23 ottobre 1985, n. 595 nonché, limitatamente alle prestazioni che non rientrano tra quelle di competenza dei predetti presidi e servizi di alta specialità, presso gli altri presidi e servizi pubblici o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale".

L' accesso alle prestazioni di diagnosi e/o di cura all' estero è limitato dalle normative vigenti: le prestazioni rimborsabili sono solo quelle non erogabili, in maniera adeguata e tempestiva, nelle strutture pubbliche e/o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.

Il citato decreto considera, infatti, "prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia" la prestazione per la cui erogazione le strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale "richiedono un tempo d' attesa incompatibile con l' esigenza di assicurare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di salute dell' assistito ovvero precluderebbe la possibilità dell' intervento o delle cure"; la "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" è esplicitata, invece, in quella "che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale".

Lo stesso decreto rinvia, peraltro, al Ministro della Sanità l' individuazione, almeno annuale, delle prestazioni erogabili in regime di altissima specializzazione all' estero e fissa, all' art. 6, la misura del concorso nelle spese, stabilita nell' 80% per quelle di natura strettamente sanitaria ivi comprendendovi le spese di viaggio e di soggiorno estese anche ad un eventuale accompagnatore (familiare) della persona assistita.

Cosa che puntualmente il Ministro ha fatto, con il decreto approvato il 24 gennaio 1990 ("Identificazione delle classi di patologie e delle prestazioni fruibili presso centri di altissima specializzazione all' estero"): in tale decreto sono elencate una serie di patologie e di prestazioni (di diagnosi e di cura) erogabili presso i centri di altissima specializzazione all' estero ed i tempi massimi di attesa trascorsi i quali la prestazione è da considerarsi non ottenibile tempestivamente in Italia.

Il relativo elenco è, evidentemente, circoscritto ad una tipologia definita di situazioni patologiche e di prestazioni (di diagnosi e cura) che, oggi come allora, suscitano ampie perplessità come in tutte le situazioni nelle quali si cerca di ricondurre l' osservabile ad una serie di variabili pre-definite, dimenticando che, nel campo medico, gli elenchi sono poco stabili e coerenti e che ciò che è oggi straordinario può diventare, domani, del tutto ordinario: in tale elenco risultano certamente comprese situazioni che, ora come allora, possono definirsi di altissima specializzazione (si pensi, ad esempio, al trattamento chirurgico dell' epilessia circoscritto a pochi Centri in tutta Europa) ma anche esami diagnostici, come ad esempio la tomografia assiale computerizzata (la TAC), che, se erano straordinari all' epoca, oggi certamente non lo sono.

Riguardo ai tempi massimi di attesa, superati i quali la prestazione è da considerarsi non ottenibile tempestivamente in Italia, lo stesso decreto, all' art. 2, considera la possibilità di derogarvi: il Centro di Riferimento può autorizzare il trasferimento all' estero per cure in deroga a tali limiti temporali nel caso di "gravi e particolari situazioni cliniche", anche se allo stesso, in tali situazioni, viene chiesto di motivare il "prevalere del giudizio clinico sui limiti temporali di riferimento".

Ai sensi dell'art. 7 comma 2 DM n. 3/11/1989, può prescindersi dall'autorizzazione dei centri regionali di riferimento, ai fini dell'ottenimento del rimborso delle spese sanitarie affrontate all'estero, nel caso di prestazioni di comprovata ed eccezionale gravità ed urgenza, ma pur sempre solo ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 2.

Non si rientra quindi nelle previsioni di cui all'art. 7 comma 2 DM 3/11/1989, e conseguentemente non vi è diritto al rimborso, nel caso di prestazioni per patologie acute, impreviste e imprevedibili, che si manifestano durante un soggiorno all'estero. Non è costituzionalmente illegittima la previsione per la quale, chi si ricovera all'estero per indilazionabili ed essenziali interventi, derivanti da sopravvenuta ed imprevista patologia, non ha diritto al rimborso delle spese sostenute se non nel caso di indigenza.

Infatti, la disciplina posta dall'art. 32 Cost. non prevede il diritto del cittadino all'assistenza sanitaria globale, usufruibile gratuitamente ovunque egli si trovi e per qualsiasi ragione, essendo l'unico nucleo irrinunciabile di tutela costituzionalmente protetto, quello del diritto dei cittadini indigenti ad ottenere cure gratuite (TRIBUNALE IVREA, sentenza del 05-04-2006 n. 37).

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