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Pensione di inabilità agli stranieri anche senza Permesso CE

Pubblicato in: Immigrazione

Gli stranieri extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, potranno ottenere la pensione d’inabilità e l’indennità di accompagnamento anche se non in possesso di un permesso CE per soggiorni di lungo periodo.

Con la recentissima sentenza n° 11 del 14 gennaio 2009 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della Legge 388/200 e dell'articolo 9 del Decreto Legislativo 286/2003 nella parte in cui non consentono l'attribuzione della pensione di inabilità in favore degli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Tale sentenza è in linea con la precedente (sent. n° 306/2008) con la quale la Corte costituzionale ammetteva l'indennità di accompagnamento per gli stranieri privi del Permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo.

Secondo la Corte Costituzionale le norme indicate violano il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, in quanto creano una discriminazione tra gli stranieri invalidi legittimamente residenti nel nostro Paese, ma privi del permesso di soggiorno CE di lungo periodo, ed i cittadini italiani invalidi.

Solo per gli stranieri, infatti, la possibilità di fruire di prestazioni assistenziali è subordinata alla titolarità di un certo reddito, richiesto per il rilascio della carta di soggiorno.

L'articolo 80, comma 19, della Legge 388/200 recita: "Ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno <...>".

In tal modo si determina l'esclusione dai suddetti benefici – finalizzati ad alleviare la situazione di bisogno dei soggetti totalmente inabili – proprio di chi ne è più meritevole. Ciò a differenza di quanto è previsto per i cittadini italiani, per i quali l'attribuzione della pensione d'inabilità presuppone il mancato superamento di un certo limite reddituale, mentre per l'indennità di accompagnamento si prescinde dalla situazione reddituale del beneficiario e della sua famiglia.

L'indennità di accompagnamento, infatti, è concessa per il solo fatto della minorazione, senza che le condizioni reddituali vengano in alcun modo in rilievo; la pensione di inabilità, invece, è preclusa dalla titolarità di un reddito superiore ad una misura fissata dalla legge.

La subordinazione dell'attribuzione di tale prestazione al possesso, da parte dello straniero, di un titolo di soggiorno il cui rilascio presuppone il godimento di un reddito, rende ancor più evidente l'irragionevolezza del complesso normativo in esame. Infatti, la previsione del requisito reddituale si pone in contraddizione non soltanto con il principio di uguaglianza e con le logiche solidaristiche, ma soprattutto con la specifica finalità di sostentamento propria delle provvidenze medesime.

Le norme citate violano anche con l'articolo 14 della CEDU e con l'articolo 1 del relativo Protocollo addizionale, i quali, secondo l'interpretazione della Corte europea per la tutela dei diritti dell'uomo, obbligano lo Stato italiano a legiferare in materia di prestazioni sociali senza porre alcuna differenziazione di trattamento basata sulla nazionalità delle persone.

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