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Patteggiamento: preclude l'acquisto della cittadinanza?

Pubblicato in: Immigrazione

La sentenza di patteggiamento della pena non impedisce l'acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano.

Secondo la Cassazione la sentenza di patteggiamento della pena non impedisce l'acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano (sentenza del 22 novembre 2007, n. 24312).

In proposito l'articolo 6, primo comma, lettera b), della Legge n. 91/1992, prevede che l'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, in caso di residenza da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica ovvero di matrimonio di durata almeno triennale, è precluso, tra l'altro, dalla "condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione".

La ratio della norma consiste nella valutazione negativa della personalità civile e morale che il legislatore collega alla condanna penale del richiedente.

Il problema interpretativo che si pone è dunque quello di accertare se l'effetto preclusivo possa discendere oltre che dalle sentenze di condanna anche dalle sentenze di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del Codice di procedura penale.

Secondo la Cassazione, l'effetto preclusivo dell'acquisto della cittadinanza, previsto dall'articolo 6 della Legge n. 91/1992, dipende non tanto dalla mera irrogazione della sanzione penale, quanto dall'accertamento della responsabilità e dal giudizio di colpevolezza e pertanto non può derivare dalla pronuncia della sentenza di applicazione su richiesta ma richiede una vera e propria sentenza di condanna.

In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato con il parere del 9 dicembre 1999, n. 102/99.

Infatti, deve rilevarsi che mentre l'articolo 2, n. 2, della Legge n. 123/1983 prevedeva che la cittadinanza non potesse essere acquistata da chi aveva riportato "condanna a pena superiore ad anni due di reclusione inflitta per qualsiasi delitto non politico dall'autorità giudiziaria italiana", quindi con espresso riferimento all'applicazione della pena, oggi l'articolo 6, primo comma lettera b), della Legge n. 91/1992 dispone che analogo effetto preclusivo discende dalla "condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione", superando il riferimento alla pena in concreto irrogata e ancorando l'effetto preclusivo al fatto dell'accertamento della responsabilità per qualsiasi reato per il quale sia in astratta prevista una pena di una determinata entità.

Inoltre, dall'ultimo comma dell'articolo 6 citato emerge che l'effetto preclusivo consegue all'acquisto della definitività da parte della sentenza di condanna, rimanendo sospesa fino a quel momento la procedura di acquisto della cittadinanza.

Tale previsione, quindi, sembra più coerente con un riferimento all'accertamento della responsabilità con efficacia di giudicato che non con il mero fatto dell'irrogazione di una sanzione.

Infine, se la sentenza di applicazione della pena su richiesta, alla stregua dell'originaria disciplina codicistica e quindi prima delle innovazioni introdotte con la Legge n. 97/2001 e n. 134/2003, non conteneva l'accertamento della responsabilità, ben si spiega come la Legge n. 91/1992, approvata dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale, ma prima delle richiamate modifiche legislative, in coerenza con la ratio ispirata all'esigenza di impedire l'acquisto della cittadinanza da parte di soggetto di non specchiata condotta civile e morale, richieda un completo accertamento di responsabilità e un giudizio di colpevolezza dai quali soltanto la valutazione negativa della personalità del richiedente può derivare.

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